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Se Trastevere fosse una persona arriverebbe sempre in ritardo, volteggiando con una gonna lunga a fiori e gli anfibi. capelli intricati come l’edera che si arrampica sui muri color ruggine. Poetica e sfacciata allo stesso tempo.
Sarebbe quella che indossa il grembiule da cucina a piedi scalzi e ti trascina a mangiare il supplì alle 11 di sera. La notte non dorme e la mattina è quieta e stropicciata.
Dentro di sé racchiude la luce dorata di Roma, il caos, il buio e un fascino senza tempo. Un po’ artista, un po’ nonna che stende i panni fuori dalla finestra, un po’ quel gatto grassottello che ti tiene d’occhio mentre si stiracchia su un muretto.
Trastevere è una melodia composta dal rumore delle tazzine che sbattono sul bancone di un bar, dai clacson strombazzanti sul lungotevere e dalle chiacchiere fuori dai locali, con un bicchiere di vino in mano.